Tradizioni e Folklore

Settembre tempo di carrube, nostalgia di sapori e odori perduti.

Quante volte abbiamo sperimentato, per lo più inconsapevolmente, l’incredibile capacità degli odori di risvegliare in un istante e d’improvviso un’esperienza passata e radicata nel fondo della nostra memoria? Come una scintilla, un certo profumo casualmente risentito a distanza di anni è capace di innescare, a seconda dei casi, la nostra nostalgia, la nostra malinconia, la nostra gioia o la nostra tristezza. Ed è sull'onda di questi ricordi che ci riportano indietro, che spesso desidereremmo recuperare anche alcuni sapori ormai scomparsi dalla nostra vita, come per esempio i prodotti a base di carrube ed in particolare il mosto di carrube.
Ecco come prepararlo. 
Procurarsi delle carrube fresche, belle carnose, aprirle con un coltello e togliere i semini(se li conservate, all'occorenza potrete tritarli ed usarli come addensante, per esempio per fare il gelato anche senza gelatiera).
Tostare le carrubbe in forno a circa 200° per 10/15 minuti.
Metterle poi in un recipiente con acqua fredda e lasciarle a bagno per 48 ore. Trascorso il periodo di riposo, Portare il tutto ad ebollizione per circa 20 minuti. A questo punto schiacciare le carrube con un mestolo di legno e fare riposare ancora per 24 ore.
Il giorno successivo, aggiungere della cenere e lasciare agire per qualche ora.Quindi filtrare e fare sobbollire il liquido ottenuto finché si sarà ridotto di un terzo. Circa 10 minuti prima di finire la cottura, aggiungere una scorza d'arancia o di limone. Appena raffredato imbottigliatelo e conservatelo in luogo buio.
Si conserverà per anni.
Quando vorrete lo potrete utilizzare al pari del mosto cotto di uva. E' inoltre un ottimo rimedio contro la tosse.
E allora perché aspettare? Domani tutti a raccogliere carrube!



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Lo sbarco anglo-americano nei ricordi di un modicano.
Calmatosi il clamore dei festeggiamenti (più o meno desiderati, più o meno costosi) per il 70° dello sbarco anglo-americano in Sicilia, ripercorriamo la storia di quei giorni tramite i ricordi di un modicano, Pietro Pitino classe 1926. 
La mattina del 10-Luglio 1943, si vide a Modica un gran movimento di truppe; chi era sulle coste raccontò poi che la flotta "oscurava il mare, si confondeva con il cielo, escludeva l'orizzonte". Tanta gente chiuse le case e andò nelle grotte impaurita più che dei bombardamenti, dalla propaganda fascista che "avvisava le donne che sarebbero state violentate dagli americani, soprattutto da quelli neri". A porto Ulisse 4 Finanzieri in servizio caddero combattendo in attesa di rinforzi che non arrivarono mai, ma all'epoca nessuno ne seppe niente. Correva voce invece che un battaglione di bersaglieri, fosse stato massacrato ad Ispica. La sera del 10 si sentirono 4 cannonate della Marina. Si disse che fossero finite a Modica Alta. Il mattino dell'undici, nell'odierna Piazza Libertà della Sorda, fu sparata una raffica di mitragliatrice dal terrazzo del maresciallo e poco dopo un colpo di cannoncino anticarro che colpì un camioncino inglese dei viveri che probabilmente aveva sbagliato strada. La gente accorse per recuperare ciò che si era salvato dalle fiamme: crackers e scatolette di carne, ma non si seppe se il conducente fosse morto o fuggito. A pochi metri da lì, fu colpito nell'orto di casa sua "u Massa Vanni" probabilmente fu una pattuglia a sparare. I fanti canadesi si piazzarono nel cortile della chiesa e alcuni provarono a familiarizzare offrendo del vino. I soldati ricambiavano con sigarette e cioccolato, mentre le donne da lontano dicevano " biii, comu a niautri sunu! Picciuttieddi! "
I soldati italiani avevano abbandonato ovunque: biciclette, muli, fucili, divise, giacche, coperte e viveri come fagioli e pasta o forme intere di grana. Chiunque cercò di recuperare qualcosa: con le coperte si pensava a fare qualche giacca o cappotto per l'inverno, mentre con la seta dei paracadute abbandonati a Capopassero, si facevano camicette per le ragazze. Tutti avevano addosso qualcosa dei militari.
La vita continuò a scorrere come nei paesi che non erano in guerra, perchè per Modica la guerra era finita, tranne per chi aveva ancora qualcuno "suddatu no cuntinenti". 



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Come eravamo.
Raccontano quelli più anziani che diversi decenni fa, la pasta era un lusso riservato ai giorni festivi, specie se condita "co stufatu" cioé con sugo di carne. A quei tempi, quando si andava "no uccieri" ossia dal macellaio, lo si raccomandava :" però virissi ca num'ava ddari marja!" (guardi che non voglio i tagli più magri!) e il macellaio rispondeva : " e chidda marja chi mi l'aia manciari ju?". Sembra incredibile, ma i tagli oggi considerati di prima scelta, non li voleva nessuno! C'è da dire che la parte grassa della carne di allora, niente aveva a che vedere con il grasso della carne di oggi. Infatti all'epoca gli animali erano allevati liberi e nutriti soprattutto con cereali e legumimose (uoriu e favi o favoccia = orzo e fave). Questi due fattori rendevano la carne e il grasso più sodi, più ricchi di ferro, (infatti la carne era molto più rossa) e più gustosa.
Si usava cucinare a fuoco lento quel pezzetto di carne, aspettando che il grasso si sciogliesse e insaporisse così il sugo. Tale modo di cucinare unitamente alle qualità organolettiche della carne, dava vita a profumi indimenticabili che si spandevano per tutto il vicinato. Profumi purtroppo oggi sconosciuti ai più giovani!
Una delle pietanze più appetitose erano i "ravioli ri ricotta co stufatu ri maiali" che venivano serviti "supra u scanaturi" ossia sulla spianatoia che era stata usata per stendere la pasta dei ravioli.
Mangiare senza piatto, attingendo tutti insieme da quella montagnola fumante e odorosa, regalava ai commensali un senso di aggregazione, un sentimento di unità familiare che forse oggi avremmo bisogno di riscoprire . . .


Stufatu ri maiali
Ingredienti: Strattu (concentrato di pomodoro), salsa di pomodoro, olio extravergine di oliva, 1 cipolla, vino rosso, sale, pezzi di carne di maiale (coscia), salsiccia.
La preparazione: fare il soffritto con la cipolla tagliata molto sottile, aggiungere i pezzi di carne salata precedentemente e la salsiccia e farli rosolare, “stufare”con il vino rosso, quindi aggiungere il concentrato diluito in acqua e un po' di salsa di pomodoro. Girare il tutto con un cucchiaio di legno e lasciar cuocere per 2 ore a fiamma bassissima.



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